Il giardino è bruciato

Sima Shafti

18 gen – 1 feb 2020
inaugurazione 18 gennaio, ore 17.30
tutti i giorni 17.30 – 19.30
ven 24, dom 26 gen 10 – 20

 

ARTCITY White Night
25 gennaio 10 – 13, 15 – 24

Lavì! City – Bologna

a cura di Eleonora Frattarolo

 

L’installazione che Sima Shafti ha creato per il piccolo spazio Lavì è un condensato della poetica e delle forme sperimentate e raffinate negli ultimi dieci anni, un periodo di tempo in cui l’artista iraniana ha spesso realizzato interventi in spazi complessi attivando una poetica e una pratica performativa di grande rigore e intensità. Penso ad esempio all’intervento del 2016 nella Rocchetta Mattei (Stanze della meraviglia. Esotismo, fantastico, incanto nella Rocchetta Mattei), quando in una piccola stanza circolare, con la creazione di un “tappeto” di pigmenti naturali e di fili di lane e di sete, Shafti ridiede vita ai versi del grande poeta Sohrab Sepehri (1928-1980) in difesa delle acque, della Natura, della fecondità della Terra. E sempre, oltre che nelle declinazioni della morfologia del tappeto, il lavoro si dipana nel solco della tradizione della sua terra, dove calligrafia, poesia, musica, corroborano energie vitali e spirituali. Solo chi abbia visto esemplari di antichi manoscritti miniati persiani, solcati da mirabili trasmutazione di caratteri farsi, può comprendere a cosa alluda in quella cultura la scrittura che diviene ritmo, oscurità, luminescenza, rivelazione e apoteosi della bellezza. Solo chi abbia assistito alla lettura di versi sulle tombe dei Poeti da parte di iraniani a noi contemporanei, può afferrare il segreto di una poesia immanente e vitale. Così Shafti, con cura, con cautela, con emozione ragionata, costruisce tappeti, che sono paradisi, che sono recinti, giardini, luoghi dell’origine in cui avviene l’osmosi tra natura e spiritualità, tra materiali e suono. Ogni sua opera è inscindibile dal suono, che la rende compiuta.
Nei laboratori artigianali di tessitura-racconta Sima- c’è l’usanza di “cantare” i colori. Il lettore intona letteralmente con la voce una “mappa”, delle istruzioni che descrivono il tappeto da creare, e il tessitore, seguendo dei veri e propri ritmi, esegue, nodo per nodo. Essendoci tradizionalmente questa componente musicale nel processo di produzione dei tappeti, ho voluto inserire una colonna sonora per l’opera, fatta di suoni di acqua corrente, vento, legno che brucia e ovviamente un canto originale. In sottofondo si sentirà il picchiettio della dafieh, il pettine di metallo che si usa per stringere le trame del tappeto”. Diversamente da ciò che avviene in altre culture, in Iran l’arte contemporanea è aggiornatissima sui modelli occidentali e pure profondamente legata alla tradizione persiana e zoroastriana. E certo, i procedimenti di Sima Shafti contengono rimandi, memorie, valutazioni, analoghi a ciò che connota i volti e le narrazioni, o le combuste archeologie dell’immagine e della scrittura, di una Shirin Neshat o di un Barbed Golshiri…