La città intorno

Claudio Sabatino

dal 14 al 27 agosto 2015

Spazio Lavì! – Sarnano

A cura di Giovanna Calvenzi

 

Claudio Sabatino propone per questo lavoro due possibili titoli. Quale quello più idoneo? “La città intorno” svela subito le intenzioni, invita a guardare oltre una prima evidenza. “Il Bel Paese” è certo ironico, rimanda a un passato ormai lontanissimo, contiene una punta di nostalgica amarezza. Nella loro ingannevole dolcezza, nelle loro cromie prive di aggressività, le immagini di Claudio Sabatino sono invece un monito implacabile nei confronti della stupidità umana. In questi magnifici ritratti di edifici dell’antichità, lo sguardo superficiale dell’osservatore coglie le vestigia greco-romane nel loro splendore, quello splendore che la fotografia diretta e sobria di Sabatino, figlia della lezione del “linguaggio documentario” di Walker Evans, sottolinea senza enfasi. Poi scorge, inevitabile, il traffico, quindi le architetture contemporanee, l’impietosa convivenza senza rispetto di passato e presente. La fotografia di Sabatino induce e accompagna la comprensione, suggerisce con leggerezza lasciando la consapevolezza del disastro avvenuto all’interpretazione di ognuno.

L’occasione per iniziare questa indagine è stata offerta a Claudio Sabatino, dieci anni fa, grazie all’invito a partecipare a una mostra collettiva che si proponeva di riflettere sul “paesaggio tradito”, sul degrado del paesaggio italiano (*). Per l’occasione lui stesso aveva scritto: “A nord di Napoli, i Campi Flegrei sono una vivida testimonianza della ricchezza dei valori storici che l’architettura classica è capace di tramandare, ma sono anche uno degli esempi della maggiore contraddizione che l’antropizzazione del territorio propone. I Campi Flegrei sono luoghi condannati dalla lenta e inesorabile crescita della città diffusa, che si costruisce, quasi in un moto spontaneo, tutt’intorno alle presenze archeologiche: il nuovo si affianca all’antico senza soluzione di continuità”.

Cresciuto all’ombra dell’area archeologica di Pompei, Sabatino ha innata la consuetudine al rispetto per le tracce del passato. Inizia quindi la sua indagine con un feroce senso di impotenza, animato dalla voglia di raccontare, catalogare, documentando dapprima la zona a nord ovest di Napoli, i Campi Flegrei appunto, e allargando poi la sua ricerca verso Roma e altre città. Compone le sue immagini in polittici che suggeriscano un effetto di soffocamento e l’avanzare della “città diffusa”, che sembra voler inghiottire templi, sacelli, archi, si compone in una sorta di accerchiamento progettuale. Con il passare del tempo affida a ogni singola immagine una valenza propria. Nelle opere che oggi propone non c’è sdegno, non c’è volontà di denuncia, ma solo la decisione di coinvolgere nella sua sofferenza civile gli osservatori delle sue foto. Ed è grazie a questa formale sospensione di giudizio, a questa distanza equa che il fotografo pone fra sé e i manufatti dell’uomo che emergono, ancora una volta, la potenza del linguaggio documentario e la maestria con la quale Sabatino sa utilizzarlo.

 

(*) “Il paesaggio tradito. Sguardi su un territorio compromesso”, mostra collettiva alla Galleria San Fedele, Milano, dal 26 novembre 2005 al 6 febbraio 2006.