In occasione della Giornata del contemporaneo 2020 Spazio Lavì! presenta NEWSLETTER, un progetto di Davide Catania, artista che Lavì! City ha ospitato nel 2016.
Qui si seguito, uno dei primi racconti della newsletter.

Mi dici: “Ho un segreto, ma non posso raccontartelo qui. Non è sicuro.” Mi dai un appuntamento e una lunga serie di precauzioni da seguire e io le seguo.
Indosso vestiti senza marchi visibili, lascio a casa cellulare e carte con chip NFC, faccio il giro largo evitando le videocamere di sorveglianza davanti alla farmacia, all’ufficio postale, al tabacchi, all’alimentari bengalese.
In metropolitana non uso l’abbonamento (la tessera è a casa insieme alle altre carte), pago in contanti.
In treno tengo cappuccio e bavero della giacca tirati su, do le spalle a chi videochiama, scatta selfie o si controlla il trucco nello schermo del cellulare.
Nell’attraversare la stazione faccio la camminata per cui mi sono allenato tanto: caratteristica, ma non sospetta; il piede sinistro leggermente trascinato e puntato verso l’esterno.
A chi mi ferma per propormi abbonamenti a pay-TV, internet o giornali rispondo come mi hai insegnato a dire tu: “arretdemonmerdé” e tiro dritto.
Attraverso il parcheggio, scosto la rete, scavalco il muretto, cammino tra i rifiuti e le sterpaglie.
Sbuco tra i capannoni dismessi. Ne conto quattro, poi giro a sinistra e ti vedo, in distanza.
Mi avvicino e vedo che sorridi.
Forse mi dirai perché.



NEWSLETTER_2 | CC BY-NC-SA 4.0 Davide Catania

Davide Catania, (Catania, 1977) è autore di fumetti, illustrazioni e video di animazione.
I suoi lavori sono apparsi su Canicola, Abitare, Rivista Studio, 11, Lo Straniero, Terre di Mezzo, Mucchio Selvaggio, Internazionale.
Vive e lavora a Roma.

A cura di Elena Orlandi

 

Dopo lo sfratto, un padre e un figlio cercano casa. Molte ne vedranno: muri, finestre, tetti, persiane, staccionate, pali; vetri, legno, pietre, mattoni.
Si vive non solo nei bei palazzi dei quartieri gentrificati alla moda, ma anche in piccole stanze in affitto, cascine semiabbandonate, appartamenti classe energetica G, sottotetti e cantine, ruderi in estrema periferia, roulotte, baracche, tende.
Il racconto di Davide Catania parla di questo, e i disegni che lo integrano e sovraccaricano diventano indispensabili alla comprensione della ricerca ossessiva e della discesa spiraliforme verso alloggi sempre meno riconoscibili, in quanto tali, agli occhi di noi portatori di uno sguardo privilegiato e perciò profondamente miope.
Il segno spezzato, dinamicissimo, della matita morbida, che tradisce il gesto veloce e ripetitivo, restituisce movimento alle strutture delle case, delle automobili, dei parcheggi, delle impalcature. Tutto è mobile, anche gli immobili per eccellenza; tutto è instabile, precario.
Forse solo l’accumulare segno nero su segno nero restituisce un po’ di struttura alla materia, proprio mentre la mette in discussione, ma questo è subito contraddetto dall’uso dei piccoli fogli di carta povera che quel segno accolgono.
Niente rimane fermo, tutto si inclina e infrange, come preso in un vortice veloce, eppure un paesaggio viene ricomposto.
Un paesaggio fatto di pietre, impalcature, staccionate, ferri vecchi e arrugginiti. Un paesaggio in cui ricostruire il bello in maniera più privata e meno appariscente, perché questo è necessario.
Dove il bello non c’è, va immaginato.