A cura di Pippo Ciorra

 

“Amo il bello ed il buono ovunque si trovino e mi ripugna di vedere straziata, come suol dirsi, la grazia di Dio”. Così Pellegrino Artusi conclude l’introduzione al suo intramontabile manuale, La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene. Con le stesse parole Ilaria Ferretti dà inizio al suo Bestiario, una spettacolare sequenza di immagini, citazioni, testi, con la quale l’artista cerca di trovare l’impossibile conciliazione tra due amori paralleli e contrapposti. Da un lato il “suo” paesaggio, la tradizione, la buona cucina, e tutto l’idillio apparente e la violenza implicita che li rendono possibili (e che già spaccavano il cuore a Giacomelli). Dall’altro l’insostenibile empatia con le vittime di quella invisibile brutalità, in questo caso gli animali destinati al macello, così come in altri suoi lavori erano i luoghi di estrazione martoriati dall’uomo o addirittura gli edifici assaliti dal tempo e dall’incuria.

Per tenere insieme due sentimenti così diversi, eppure così presenti in ognuno di noi, Ferretti ha bisogno di un linguaggio fotografico estremo, dove il contesto naturale si nascondein un’oscurità quasi impenetrabile e il colore dei soggetti diventa bianco e  astratto, come fosse quello delle loro “anime”.

Al primo sguardo queste foto fanno venire in mente le luci bruciate dei gruppi di Giacomelli, ma poi lentamente ci si rende conto che il lavoro di Ferretti ha un carattere terribilmente originale e site specific, frutto di un’introspezione feroce che attraversa in un unico percorso l’anima e il genius loci. Per comprenderlo bisogna concentrarsi soprattutto su quello che l’autrice cancella.

La bellezza del paesaggio offuscata dalla voglia prevalente di “mettere in luce” i soggetti del suo bestiario. Il colore e la fisicità degli animali ritratti, bianchi e immacolati come l’anima che l’artista riconosce in loro. Gli animali poi sono spesso di spalle, non hanno faccia, marciano verso una destinazione persa nel buio eppure resa fin troppo ovvia dalle citazioni dell’Artusi. E infine il [buon] cibo, che aleggia come una promessa e una minaccia nelle parole sottratte all’esperto e nel futuro dei capi di bestiame ma non si vede mai. Ferretti non intende denunciare.

Ha empatia ma è allo stesso tempo crudele, toglie i colori al pavone, non consente ai buoi di consolarci brucando il pascolo, racconta l’oca solo come un ammasso ben distribuito attorno al suo gustoso fegato. Isola la “bellezza” dei gruppi, la sospende in un magma scuro e la rende astratta, strappata al terreno.

Oltre che sui suoi animali Ferretti lavora sull’idea stessa di fotografia, ne stressa i procedimenti tradizionali spingendola con consapevolezza in un territorio artistico nuovo, dove immagine fotografica, reportage, pittura, disegno, arte (apparentemente) digitale si confondono e si consolidano a vicenda. Tra gli aspetti più impressionanti di questo progetto c’è la capacità della fotografa di “mettere in posa” (inconscia) gli animali: “attraversano” l’inquadratura come se volessero in qualche modo sfuggire al buio che li opprime, si guardano intorno in cerca di uno spiraglio, ma soprattutto quando si tratta di soggetti singoli sembrano dialogare in modo terribilmente intenso con lo sguardo fotografico. Da questo dialogo nascono inquadrature strazianti e memorabili, ai limiti del barocco, che potrebbero inquietarci un poco alla nostra prossima visita al ristorante, o mentre sfogliamo il più classico dei manuali di cucina.

Ilaria Ferretti (Fabriano, 1980) cresce spendendo molti pomeriggi della sua infanzia appollaiata sopra la lavastoviglie nella cucina del ristorante di famiglia, osservando indisturbata il daffare di mamma ai fornelli. Nel ‘99 si trasferisce a Torino per studiare fotografia e avvicinarsi al mondo dell’arte contemporanea. Inizia la sua carriera artistica nel 2002, anno in cui consegue il Diploma in Fotografia al Corso Triennale dell’Istituto Europeo di Design.

Esperta in tecniche di stampa Fine Art analogiche e digitali, attraverso la macchina fotografica e il lavoro di camera oscura realizza opere visionarie, caratterizzate da un estetica personale che fonde pensieri oscuri e bellezza universale. Pippo Ciorra ha definito la sua poetica Punk-Romantik.

Il progetto Bestiario, presentato per la prima volta in Svizzera in occasione della mostra

personale BESTIARIO manuale di cucina alla MUST GALLERY di Lugano nel febbraio-marzo 2016, era presente ad ArteFiera Bologna nel 2015 nello stand della medesima galleria. E’ stato esposto in Italia per ESSERE(e)MISTERO, Rassegna d’Arte Contemporanea a cura di Maria Rita Montagnani presso il Palazzo Mediceo di Seravezza LU nel 2014 e, al Lingotto di Torino, in occasione di Bam on tour – Contemporary Photobox a cura di Edoardo Di Mauro nel 2013; nello stesso anno è stato esposto in occasione della mostra Bestiari (Pietro Bologna, Stefano Faravelli, Ilaria Ferretti, Roberto Kusterle) presso PHOS Centro Polifunzionale per la Fotografia e le Arti Visive a Chieri TO, mentre nel 2011 in Barocco (Daniela Perego, Pia Stadtbaumer, Elke Warth, Ilaria Ferretti) a cura di Franz Paludetto al Castello di Rivara – Centro d’Arte Contemporanea, TO.

A Milano nel 2009 ha presentato CONCRETE, mostra personale organizzata da Veronica Iurich presso Napapjiri Gallery, e tra le altre ha partecipato: nel 2007 alla mostra Il grande disegno, a cura di Elisa Gusella, evento ufficiale Fuori MiArt presso Fabbrica Borroni per la Giovane Arte Italiana a Bollate MI; nel 2005 a Il corridoio dell’arte per lo sport e per la pace a cura di Gabriella Serusi e Gabriele Fasolino al Palazzo della Triennale di Milano. Ha poi esposto a Roma, Bologna, Padova, Trieste.

In Germania, a Colonia, nel 2008 ha esposto per POLYLOG – Mittelmeerbiennale Koln (Biennale della Mitteleuropa sponsorizzata dall’Istituto Italiano di Cultura) presso Rathaus der Stadt Koln.

Nelle Marche, terra d’origine, fonte di energia e d’ispirazione per la sua ricerca da sempre, ha esposto a Monte San Vito AN nel 2009 in occasione di Paesaggi del Lavoro, in mostra a cura di Cristiana Colli e Marco Montemaggi, esposizione dell’omonimo concorso Paesaggi del Lavoro (indetto dall’Associazione Il Paesaggio dell’Eccellenza di Recanati) di cui ha vinto la sezione 1 nelle edizioni 2008 e 2009.

Nei concorsi nazionali di arte contemporanea under 35 è nel 2007 a Padova per Quotidiana07 e nel 2010 finalista al Premio Terna 03, categoria Gigawatt.

Rappresentata da MUST GALLERY – Lugano, Svizzera dal 2014.

Co-Fondatrice e Responsabile del Lab FineArt di PHOS Centro Polifunzionale per la Fotografia e le Arti Visive – Torino dal 2011.

Docente presso il Dipartimento di Fotografia dell’Istituto Europeo di Design di Torino dal 2005 al 2016, dove ha insegnato tecniche di camera oscura e stampa digitale FineArt.

Partner di soulShape, iniziativa volta alla valorizzazione delle culture indigene, minoranze etniche e tradizioni popolari – Italia.

Vive e lavora tra Torino e le Marche.