Mirta Carroli è nata a Brisighella (1949). Dopo gli studi artistici a Bologna, insegna Discipline Plastiche presso il Liceo Artistico e Didattica dell’Arte all’Accademia di Belle Arti della stessa città. Ha iniziato ad esporre nel 1984 con numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero ed ha al suo attivo diverse sculture di grandi dimensioni. Il suo lavoro e la sua poetica si incentrano sullo studio di forme ancestrali, quasi primordiali, risalenti sia al mito che alla vita dell’uomo, evocative delle antiche civiltà. Nel 1999 le viene conferito il Premio Marconi per la Scultura.

Da sempre il lavoro di Mirta Carroli è legato allo studio dello spazio attraverso l’indagine storico culturale degli ambienti nei quali si trova ad operare. Tra le sue mostre ricordiamo le più recenti: “L’Alfabeto del grano” nel centro storico della città medioevale di Brisighella, 2008, a cura di G. Bonomi e P. Bellasi; “La persistenza del segno”, a Castello di Pergine Valsugana, a cura di F. Batacchi, 2009; “Mirta Carroli a Palazzo Schifanoia”, Palazzo Schifanoia, Ferrara, a cura di A. Andreotti, 2010-2011; “Scultura internazionale a Racconigi”, Reggia di Racconigi, 2010, a cura di L. Caramel; “Progetto Scultura”, Castel Sismondo, Rimini, a cura di B. Buscaroli 2011; “Del volo e del canto”, Galleria G7, Bologna, 2012; “Indagine intorno a S. Giorgio”, Biblioteca di Montemerano, a cura di M. Pasquali, 2013; “Il tesoro dei Giganti”, Convento di S. Francesco, Bagnacavallo, 2013, curata da P. Bellasi; “Corpo Cavo”, alla cava del gesso “La Marana” a Brisighella, curata da F. Bertoni, 2014. Oltre all’uso del ferro per le sculture, dal 1990 ha iniziato ad affrontare i metalli preziosi, oro ed argento, con la sua ricerca “Delle forme pure”. Numerose le mostre personali e collettive dove ha presentato i suoi monili: ricordiamo le più recenti: espone nel 2012 a New York al Museum of Arts and Design; “Preziosa opera” a Valenza 2014, e nel 2015 alla Galleria Biffi a Piacenza. Due i libri firmati con la poetessa Maria Luisa Vezzali: nel 2004 per la casa Editrice Eidos di Mirano viene presentato il libro d’artista “Dieci nell’Uno”, mentre nel 2011 esce per la casa Editrice Allemandi di Torino “Forme implicite gioielli di faiences”. Al Forte C. Mezzacapo a Zelarino nel 2015, per il Centenario della Grande Guerra, ha presentato nella mostra “Ogni ora è suprema” numerose sculture e disegni, opere che si andranno a sommare alle cinque sculture di grandi dimensioni presenti nella “Ronda dell’Arte” che racchiude il Forte. Nel 2016 esegue una scultura di quattro metri a Custoza, “Sublimare il tempo”, in acciaio cor-ten e nel giugno dello stesso anno inaugura una scultura in ferro, “Altorilievo” davanti alla stazione di Lugo.

A cura di Maria Luisa Vezzali

 

Colloquio con Mirta Carroli a cura di Maria Luisa Vezzali

 

Il termine “evoluzione”, scelto da Mirta Carroli come titolo di una delle sue ultime fatiche e per sineddoche anche della sua più recente personale, sembrerebbe – a una prima reazione – alieno rispetto al campo d’azione della scultrice. Sia perché le sue opere arcane e taglienti si collocano in una zona lontanissima dalla proteiformità delle linee curve zoomorfe e dall’ambito biologico che la parola evoca, sia perché chi ha familiarità con questa artista ben conosce la sua frequentazione esperta e affettuosa della tradizione, il suo rispetto per il passato, la sua rara sensibilità poetica e mitopoietica. Ma “evoluzione” significa più in generale ogni processo di trasformazione graduale per cui una data realtà passa da uno stadio all’altro attraverso perfezionamenti successivi ed è qui che si innesta il senso pieno e profondo della parola per Mirta Carroli: un progress vita/arte di lavorio incessante, senza alcun riposo sulla soddisfazione dei risultati, di umile ripensamento e messa in discussione, di indefesso apprendimento. Dopo ventidue anni di amicizia, collaborazione, felice sinergia tra poesia e scultura, e con alle spalle l’esperienza di due libri realizzati insieme, posso affermare con sicurezza che Mirta è movimento, fucina, ribollire di creatività, intelligenza e passione e le sue opere sono come graffi sulla volta del tempo, armi per incidere nel mondo quel che resta della presenza positiva dell’umano, per affermare la ricchezza di una dimensione “virtuale” altra, non in opposizione alla quotidianità, ma in sua difesa e potenziamento.

Che cosa rappresenta per te la mostra che stai preparando per la galleria Spazio Lavì! a Sarnano, nel cuore delle Marche?

E’ una personale di riflessione, su tutto il mio lavoro. Verranno presentati infatti sculture, disegni e gioielli: questi sono i campi di interesse che mi vedono maggiormente impegnata. Vorrei costruire uno spazio compresso, forte e omogeneo nelle due sale comunicanti della galleria. Ogni opera deve catturare l’attenzione e rimandare come contenuto e affinità a quella successiva, per ottenere una unitarietà di intenti.

Le tue ultime sculture, tra cui quella recentemente inaugurata in una rotonda davanti alla Stazione di Lugo, sono in ferro, il materiale che prediligi e che – come spesso dici – costituisce il tuo materiale di affezione. Hai usato anche in questo caso il tuo amato ferro?

La scultura principale “Evoluzione” è nella mia ricerca una novità assoluta perché eseguita in acciao COR-TEN. Non avevo mai usato questo materiale per le sculture di piccole e medie dimensioni. Le altre sculture invece sono in ferro non patinate. “Evoluzione” è costituita da tre elementi avvicinati con forme circolari frazionate. Suggerisce un movimento quasi inarrestabile dei volumi. La stessa tensione viene avvertita anche nelle altre sculture, soprattutto sul bassorilievo a parete, dove ho utilizzato ferri antichi forgiati a mano provenienti da Sarnano.

Disegnare, quasi ogni giorno, è una tua grande passione. Il disegno è per te una grande sfida; cerchi di ottenere dalle matite e dalle chine la massima espressione. A che punto siamo con il disegno?

Presenterò una serie di nuovi disegni creati appositamente per questa mostra. Verranno esposti nella “sala rossa” della galleria dove le pareti sono decorate con un vivace fondo rosso pompeiano. I disegni richiamano le sculture e costituiscono una nuova ricerca iconografica di forme e volumi. I segni sono estremamente sintetici e i colori delle chine rimandano a una tavolozza ridotta fondamentalmente ai rossi e ai neri, senza per altro dimenticare i toni bruni che si legano alle sculture in ferro. Cerco di migliorarmi e di riflettere molto sui disegni. Mi accompagna sempre una massima di Paul Valéry che condivido pienamente: «il disegno è la più ossessionante tentazione dell’intelletto».

Saranno presenti in mostra anche alcuni gioielli in argento. Noi abbiamo lavorato molto sui gioielli, riflettendo insieme sul senso e sulle rifrazioni delle linee, sui rimandi delle pietre e dei frammenti, sulle possibili continuità tra parola/segno/corpo/spazio, arrivando nel 2011 alla pubblicazione di un libro d’artista, Forme implicite. Gioielli di faiences / Unearthed Shapes. Faiences jewels, edito dalla casa Editrice Allemandi di Torino. Tu affronti diverse linee nella tua ricerca del gioiello contemporaneo. In questa occasione cosa presenti?

Insieme ai galleristi ho pensato di posizionare i gioielli in parete come piccoli quadri. I gioielli appositamente progettati ed eseguiti per questa mostra sono piccole sculture a tutti gli effetti in un metallo prezioso come l’argento. Sono accompagnati da corallo, lapis e frammenti di maiolica faentina del cinquecento “famiglia alla porcellana”. Frammenti di maioliche antiche che da tempo utilizzo come pietre preziose e che incastono nel metallo. Ho chiamato questa mia ricerca “Delle forme pure”. In questi gioielli posso sperimentare molte tecniche dell’oreficeria e ricercare linee nuove nella scultura di piccole dimensioni su gioielli da vivere e da indossare nella contemporaneità.