Paolo Simonazzi. Reggio Emilia, 1961. Divide la propria vita tra l’attività di medico e quella di fotografo, a cui si dedica con passione. Mantua, Cuba (Greta’s Books, 2016) è una ricerca sentimentale che ha come luogo d’indagine una cittadina di provincia ai confni dell’isola di Cuba. Presentato per la prima volta nell’autunno 2016 a Parma (BAG Gallery) e successivamente a L’Avana (Galeria Casa de Carmen Montilla), nell’ambito della XIX Settimana della Cultura Italiana in Cuba, nell’ottobre 2017 è stato esposto a Reggio Emilia (Vicolo FollettoArt Factories) e luglio 2018 a Genova (MuMa). Nella primavera 2016 espone presso la Collezione Maramotti, all’interno dell’XI edizione del festival Fotografa Europea, dedicato alla via Emilia. Il progetto che propone, So near, so far (Danilo Montanari, 2018), è un’originale rilettura dei suoi progetti principali che guardano alla propria terra d’origine con uno sguardo complice, afettuoso ed ironico al tempo stesso. Nel 2015 presenta a Torino, in occasione di The Others Art Fair, il progetto inedito Icons of Liscio, relativo alle icone del ballo liscio in Emilia-Romagna. Nel 2014, per la IX edizione di Fotografa Europea, realizza a presenta la mostra Cose ritrovate, un viaggio visionario ispirato ai testi letterari di Ermanno Cavazzoni e di Rafaello Baldini (Marsilio, 2014). Cose ritrovate è stato poi esposto nel 2015 a Rimini (Museo della Città) e nel luglio 2018 a Barcellona (CAGE Gallery), in una mostra promossa dall’Istituto Italiano di Cultura. Il progetto Bell’Italia (Silvana Editoriale, 2014), con i tre colori della bandiera italiana come un pretesto per un viaggio sentimentale nella Penisola, è stato presentato in anteprima a Fotografa Europea 2011, successivamente è approdato a Sydney, Melbourne (2012), Tokyo (2014) e Mosca (2016). Dal 2006 al 2010 si è dedicato a Mondo piccolo, un lavoro alla riscoperta delle terre care a Guareschi, luoghi dell’anima più che della geografa (Umberto Allemandi, 2010), con tappe in varie città italiane e recentemente (marzo 2018) a Milano. Tra la Via Emilia e il West (Baldini Castoldi Dalai, 2007) è un progetto che illustra la pacifca penetrazione dell’iconografa americana nel paesaggio culturale ed architettonico della regione Emilia-Romagna, esposto in anteprima a Villa delle Rose – MAMbo, Bologna (2007), e, a seguire, in altre sedi italiane ed estere, tra cui New York e San Francisco. Nel 2006 si è avvicinato al tema del disagio sociale con il progetto La casa degli angeli, presentato alla I edizione di Fotografa Europea e successivamente alla VI edizione di FotoGrafa – Festival Internazionale di Roma (2007). Circo Bidone, uno dei suoi primi progetti fotografci, racconta di un piccolo circo sopravvissuto all’epoca della multimedialità e degli efetti speciali (Zoolibri, 2003).

a cura di Gina Costa e Marina Dacci

 

La selezione di fotografie di Paolo Simonazzi presentate in mostra propone temi e soggetti che meglio rappresentano la sua ricerca. Appartenenti a diverse e talvolta parallele serie di lavori, le immagini traggono il loro potere e signifcato da una coscienza quotidiana e condivisa di esperienze dello spettatore. Simonazzi comprende il ruolo complesso e il potere dell’immagine per ridefnire e focalizzare le nozioni di memoria, di luogo e del processo stesso del guardare.

Farsi coinvolgere da queste immagini signifca viaggiare tra luoghi reali, ricordati e immaginati e anche attraversare condizioni mentali di più ampio respiro. Qui si intrecciano due tradizioni: la profonda e ricca storia visiva dell’Emilia, la provincia centro-settentrionale che è la sua casa, e la mitologia della strada americana iniziata nei primi anni ’50.

Luigi Ghirri, un’infuenza riconosciuta e visibile, ofrì all’inizio questa possibilità, che Simonazzi riconsidera e rielabora. Entra nello spirito del luogo della sua amata Emilia per poi intrecciarlo con la sua passione per la cultura americana “della strada”, la strada come musa.

La chiave della riuscita delle fotografe di Simonazzi consiste nella sua capacità di catturare la nostra immaginazione con queste icone della banalità, proprio come fece Ghirri. Il suo franco umorismo nella rappresentazione ironica dei suoi soggetti è tratto dal linguaggio visivo della road photography americana. Dalle classiche immagini di strada di Walker Evans e Robert Frank a Ed Ruscha, Stephen Shore e William Eggleston, alle voci più recenti della “ballad of the highway”, la visione della strada aperta è stata la modalità con cui i fotograf hanno abbracciato uno dei temi più avvincenti della cultura americana. Allo stesso modo, Simonazzi celebra l’”Emilian Road Trip”.

Le sue foto, immediate e capaci di illuminare ciò che è facilmente ignorato, elevano il banale a straordinario e il bizzarro a umoristico; toccano tutti, indipendentemente dalla nazionalità: il loro potere trasformativo è in parte la chiave della loro riuscita. Signifcato e dignità scaturiscono dall’ordinarietà dei suoi soggetti, rendendo iconici oggetti quasi insignifcanti, stanze e beni di persone semplici. Queste immagini formano un diario visivo che unisce nazionalità e culture, creando in defnitiva un’intima canzone d’amore che risuona con tutti coloro che vivono sulla strada, indipendentemente da dove si trovino.

Le sue foto, immediate e capaci di illuminare ciò che è facilmente ignorato, elevano il banale a
straordinario e il bizzarro a umoristico; toccano tutti, indipendentemente dalla nazionalità: il loro
potere trasformativo è in parte la chiave della loro riuscita. Signifcato e dignità scaturiscono
dall’ordinarietà dei suoi soggetti, rendendo iconici oggetti quasi insignifcanti, stanze e beni di
persone semplici.
Queste immagini formano un diario visivo che unisce nazionalità e culture, creando in defnitiva
un’intima canzone d’amore che risuona con tutti coloro che vivono sulla strada,
indipendentemente da dove si trovino.