Nata a Zurigo nel 1963
1978 diploma alla scuola media superiore
1979/80 soggiorno a Parigi
1980 – 1984 formazione professionale makeup artist con successiva assunzione
al Teatro dell’Opera di Zurigo
1984 formazione professionale da scalpellino presso Brack a Erlenbach (ZH)
e Nägeli a Zurigo
1985 trasferimento a Viterbo, Italia
1986 prima mostra personale a Viterbo
Dal 1986 varie mostre collettive
1990 scalpellina nel laboratorio di marmi e pietre di Paccosi a Viterbo
Dal 1992 ad oggi laboratorio in proprio di scultura e artigianato in pietra
Dal 2000 ad oggi docente di corsi settimanali e individuali di scultura in Svizzera
e in Italia
2007 – 2009 docente per l’associazione Aureart, scuola d’arte a Montefiascone per
diversamente abili
2010-2017 membro del collettivo ‘ArteLiberaTutti’ con mostre annuali
a Montefiascone
2013 – 2014 mostre annuali con il collettivo ‘Art Group’ a Pitigliano
2014 mostra personale a Conzano, a cura di Artegiro Contemporary Art,
di Renata Summo-O‘Connell
2016 mostra personale Landsberg am Lech al projekt..raum di Catherine
Koletzko
2017 mostra collettiva nel giardino botanico della città di Berna in Svizzera

presentazione di Dede Auregli
 
 
Per Regula
 
Nella morbida campagna di Bagnoregio, a Fontanicchi, si trova un luogo speciale, una piccola casa con un orto-giardino che è anche un parco di sculture, di fantastici animali di legno trovato e ferro riciclato e di grandi fiori di pietra. Quando il vento passa tra gli ulivi anche i fiori oscillano lievemente sui lunghi steli di ferro direttamente conficcati nel terreno e gruppi di oche starnazzanti si rifugiano sotto la grande struttura policroma di una improbabile Arca di Noè. Questo paradiso è anche la casa e lo studio di due singolari artisti, Francesco Marzetti, instancabile creatore di forme fantastiche e Regula Zwicky scultrice vigorosa e insieme delicata. Regula ha collocato lo studio sotto un grande fico che lo ombreggia e lo riempie del profumo delle sue foglie e lì lavora duramente con grande abilità e sapienza dei materiali – travertino, basalto, porfido, peperino – sfruttandone le precipue caratteristiche e anzi come assecondandole. Le forme, siano esse i grandi fiori o nodi d’amore e maternità, sono suggerite dalla vena nel taglio dei materiali e da lei sfruttate con un’abilità tecnica straordinaria dovuta non alla formazione teorica, ma all’esperienza nel campo del lavoro di scalpellino, compiuta tanti anni fa al suo arrivo in Italia dalla Svizzera e condotta con ferrea volontà di perfezione. I fiori possono anche essere “da interno”; lo stelo allora diviene morbido, composto da un patchwork di tessuti e, poiché Regula, come artista contemporanea, ha abolito ogni forma di piedistallo a favore del dialogo diretto e della continuità tra opere e quotidianità, anche questi fiori ne sono privi. Qui prevale il gioco degli opposti tra la dura pietra e il morbido e pieghevole tessuto vellutato o ricamato che funzionano a contrasto e a completamento. E, appunto, ogni opera viene diversamente esaltata dalla forma perfettamente levigata della corolla marmorea e dal sempre differente vellutato o setoso patchwork di stoffe nel lungo gambo. Anche il colore impone la sua presenza, derivato dalle diverse tipologie di pietra utilizzate in ogni fiore e dai vari tessuti coi quali è cucito ogni gambo che danno alle opere un inedito risvolto pittorico. In questa serie di lavori, che appartengono all’ultimo periodo di ricerca e ancora in divenire, è presente anche un diverso modo di fare arte: l’attività dello scolpire, in qualche modo legata alla forza e alla potenza tradizionalmente di segno maschile, e quella del cucire legata all’abilità paziente, delicata e raffinata, tradizionalmente attribuita al femminile. Se queste categorie sono state rese definitivamente obsolete soprattutto dalle artiste contemporanee, per parte sua e senza pensarci troppo Regula le ha scavalcate con naturalezza, solo seguendo la sua passione per i materiali e attirata dalle loro diverse potenzialità. Altri lavori, che vengono anch’essi esposti in questa occasione bolognese, appaiono, e sono concepiti, come una sorta di “pennellate sul muro”, una “scrittura automatica” di vaga memoria surrealista, soprattutto se si osservano quelli più recenti che girano su se stessi all’infinito. In questa serie è evidente che Regula parta già con l’idea della forma da realizzare, ma la ricerca del materiale utile allo scopo è sempre comunque accurata e capace di aderire all’idea. Ancora, la sua abilità a scolpire la porta a costanti e diverse sfide con se stessa e nascono lavori come i fazzoletti di marmo candido lievemente appoggiati su superfici piane come da una mano distratta. Le piccole pieghe che si formano ci sollecitano a toccarle per sincerarci della qualità del materiale che l’occhio non arriva a distinguere immediatamente se tela o pietra. Qui l’amore inflessibile per la precisione e la perfezione tecnica si evidenzia senza schermi e nei lavori recenti – pareva quasi impossibile – si è accentuato. Avevo visto il primo di questa serie alcuni anni fa ad una collettiva di italiani e stranieri “Arte libera tutti” nelle Ex carceri di Montefiascone, in Lazio, mostra che ebbe un buon successo tanto da convincere gli organizzatori (tra i quali anche Zwicky e Marzetti) a ripeterla invitando curatori e artisti differenti in ogni edizione e che negli anni successivi realizzarono sempre lavori site-specific prevalentemente ispirati alla storia e alle funzioni del luogo. Allora si trattava di un pezzo piuttosto grande, appoggiato come casualmente al pavimento della piccola cella, e, pur essendo sorprendente nella realizzazione, si poteva capire anche ad una prima osservazione che era di marmo. Ora è assai più difficile, quando ho visto uno degli ultimi fazzoletti realizzati appoggiato nella penombra di una finestra quasi non ci ho fatto caso tanto questo particolare trompe l’oeil, un vero inganno per l’occhio, risultava veritiero… Qui occorre fermare lo sguardo, focalizzarsi sui bordi, sulle pieghe del piccolo lembo di stoffa per convincersi che si tratta di una scultura in marmo, capace anche di assorbire la luce in un modo opaco molto simile alla stoffa. La produzione di Regula Zwicky tuttavia non si ferma ai lavori presenti nella mostra bolognese, ma spazia curiosa su altri e diversi materiali, naturali e non, che le consentono una continua sperimentazione totalmente libera da cifre stilistiche codificate.