The Eye Line

Michele Nastasi

26 ott – 10 nov 2019

inaugurazione 26 ottobre, ore 17.30
tutti i giorni 17.30 – 19.30

Lavì! City – Bologna

a cura di Laura Gasparini

 
 
Lo sguardo e le città
 
La città dell’ottocento e ancora di più le metropoli del novecento generano sguardi. Gruppi di edifici, larghe arterie che attraversano le città, i fiumi formano fughe prospettiche dove necessariamente l’occhio si muove soffermandosi sul dettaglio per capire, conoscere, riconoscere e orientarsi nel divenire, a volte, turbinoso delle cose, delle persone.Le metropoli con le loro infrastrutture hanno incrementato gli sguardi e la loro densità, tanto da farci riflettere su cosa sia effettivamente una città. Spesso le città sono frutto casuale dello sviluppo urbano, ma a volte sono il risultato di una precisa pianificazione e questo fin dall’antichità. Basti pensare ai Fori romani o alle piazze medievali di città come Siena, oppure alla Rinascimentale cupola del Brunelleschi che indica, in tutta la sua imponenza, il potere della chiesa sulla città guidando appunto lo sguardo attraverso i costoloni bianchi da cui si irradiano le vie attorno ad essa, o ancora agli “sventramenti” ottocenteschi di Haussmann che conferiscono alla città di Parigi un nuovo, nuovissimo volto. Il progetto di Haussmann considerò molti aspetti dell’urbanistica e dell’urbanizzazione della capitale del secondo impero, sia nel centro della città che nelle zone periferiche: strade, viali, facciate, spazi verdi, arredo urbano, fognature, impianti idrici e monumenti riacquistano una importanza fondamentale nel rappresentare Parigi come città moderna, vivibile da tutti, dove i flussi umani, a piedi, a cavallo, in carrozza e in treno dovevano essere facilitati al massimo. Se ne accorsero i fotografi, in particolare Atget che si preoccupa di documentare ogni dettaglio della vecchia Parigi per tramandarla ai posteri e così facendo mette a punto uno sguardo che nulla concede alla narrazione, preoccupandosi di porre sullo stesso piano lo spazio e il tempo. Per fare questo cerca la luce giusta e una modalità di visione, quella frontale, che diventerà di esempio per le generazioni successive. Per questo e altri aspetti, le sue immagini affascinarono i surrealisti e i fotografi come Man Ray, Berenice Abbott e in seguito Walker Evans. Lo scorrere dell’occhio sulla lastra negativa per cercare il giusto punto di vista, la definizione dei dettagli per la restituzione della veduta svela inoltre una geografia, sistemi politici e sociali che sottendono alla realtà. Il fotografo, sotto il velo nero della camera fotografica intuisce, capisce i motivi del cambiamento e sente l’urgenza di documentare un presente che ben presto diventerà passato. è ancora una volta Charles Baudelaire, nemico acerrimo della fotografia, che ci indica le qualità che deve avere il pittore moderno, potremmo dire anche di un fotografo: “Un pittore, un vero pittore sarà quello che riuscirà a strappare alla vita moderna il suo lato epico, e ci farà vedere e sentire quanto siamo grandi e poetici nelle nostre cravatte e nelle nostre scarpe lucide”. In questa direzione l’opera pittorica di Gustave Caillebotte è esemplare. Essa non è solamente una rivoluzione di contenuti, ma corrisponde ad un profondo rinnovamento del linguaggio pittorico e della visione. Caillebotte sperimentò la fotografia, l’ottica del grandangolo in particolare, per superare non solamente i convenzionalismi accademici, ma per ricercare nuove modalità di rappresentazione. I suoi dipinti propongono figure volutamente tagliate, persone ritratte di schiena, punti di vista contrapposti e a volte arditi, scorci dall’alto al basso, immagini frutto di a glance, come se anche le immagini o le inquadrature colte al volo avessero una loro dignità e quindi molto da raccontare.