vorrei essere un’isola

Manuela Caldi

dal 2 al 17 dicembre 2017
inaugurazione 2 dicembre, ore 17,30
tutti i giorni dalle 17,30 alle 19,30

Lavì! City – Bologna

A cura di Monica Manfrini

 

“Gli incontri avvengono sempre nei momenti in cui la mente è molto libera o molto affollata: nel primo caso donano alla nostra anima qualcosa di nuovo, nel secondo liberano la nostra vita da qualcosa di sbagliato” (Osho).

 

Le parole del filosofo indiano trascritte nell’esergo riproducono con immediatezza e concisione le sensazioni che ci vengono dalle opere di Manuela Caldi. Attenta osservatrice della natura, ma anche del paesaggio costruito dall’uomo, da anni l’artista trae linfa vitale da queste esplorazioni del visibile. L’acqua e la terra, le luci e i colori sono elementi da usare sulle tele. Tele che a loro volta diventano testimonianza e tracce della riflessione/esplorazione del mondo reale effettuata dall’artista. L’esperienza alchemica del lavoro è il valore profondo dell’opera di Manuela Caldi. Mescolare, plasmare, graffiare, incidere sono i passaggi necessari per spostarsi dal visivo al tattile. Le superfici sono la dimensione preferita, ma non solo come manifestazione tangibile della materialità delle cose. Lo spostamento dal visivo al tattile ci consente di fare un’esperienza in un mondo culturale diverso. L’artista ci fa entrare in contatto, contatto reale e profondo, con i muri dell’architettura. La formazione artistica di Manuela Caldi, architetto da molti decenni, ha impregnato il suo linguaggio poetico. La sua è un’architettura dove i muri non creano strutture stabili, ma luoghi di metamorfosi dove lo spazio ha finalità espressive. Ci vengono in mente le esperienze sulla superficie di Piero Manzoni e le ricerche spaziali di Lucio Fontana o le indagini sulla terra di Leoncillo, poi sfociate nell’Informale.
Nel lavoro di Manuela Caldi si respira la presenza di queste due anime, quella della spazialità architettonica e quella della sperimentazione visiva. L’incontro di questi due mondi, solo apparentemente distanti, ha qualcosa di magico che spinge a toccare fisicamente le sue opere, trasferendo in chi guarda una parte della vis creativa che le ha generate.

Alcune delle sollecitazioni più importanti per la sua pittura, ricercate di anno in anno, quasi come una necessità fisica, sono venute dall’isola d’Elba, un luogo eletto dall’artista sede ideale delle sue creazioni. Cuprite, azzurrite, crisocolla, ematite e berillo, aragonite, eritrite, fluorite, granato, petalite, quarzo prasio, pollucite e ilvaite sono solo una piccola parte dei minerali che si trovano nel ricco territorio elbano. Ognuno con una sua spiccata qualità cromatica, ognuno ripreso, imitato, adattato sulle tele a creare campiture, spazi e contrasti. Minerali recuperati in ogni viaggio e in ogni escursione con cura e attenzione, a volte maniacale, tanta è la forza attrattiva di quei luoghi per Manuela. La necessità di avere proprio quel colore, quella terra, quella polvere sminuzzata per ricreare i luoghi amati e soprattutto lo spirito di quei luoghi, ha portato l’artista a rubare sassi preziosi per le realizzazioni in studio delle tele. E sono questi sassi riconvertiti ad altra vita che hanno convinto l’artista a ripercorrere anche altri luoghi e proporre temi legati al mondo dell’inconscio e dell’indagine profonda del sè. Ci riferiamo al percorso iniziato nel 2009 con Terra e giunto con passaggi di sintesi estrema alle tele di vorrei essere isola del 2017.