a cura di Piero Orlandi

 

Architetti, ingegneri, urbanisti, docenti, artisti, ognuno di loro è stato invitato a presentare un’opera e a raccontarla. Sono stati tutti dei baby boomers, sono nati negli anni del miracolo economico italiano e hanno completato il proprio percorso di formazione quando si lavorava in gruppo, si credeva fermamente nell’interdisciplinarità, si immaginava una società diversa. In mostra ci sono plastici, serigrafe, schizzi a mano libera, acquerelli, sculture, fotografie, collografie, fumetti, dipinti, bozzetti, tavole di progetto. Un vasto insieme eterogeneo di cose che cerca un’assonanza generazionale, cementata da anni di collaborazioni, da frequenti incontri, dialoghi, scambi di idee. Sono testimonianze che raccontano gli anni Settanta, che per tutti sono stati gli esordi nella professione o nell’attività, ma giungono fno agli anni recenti; presentano un momento preciso della propria carriera o una singola idea guida capace di orientare a lungo il percorso professionale, un collage di memorabilia personali o il primo abbozzo di una ricerca; ci raccontano di concorsi di architettura, mostre d’arte, oggetti di disegno industriale, allestimenti museografci, piani territoriali, viaggi fatti o immaginati, libri scritti e pubblicati, cantieri di piccole e grandi dimensioni, strumenti ed utensili di lavoro. Emergono le diverse personalità e i diversi percorsi ma si può rintracciare un background comune nella fducia non smarrita per la sperimentazione e il progetto.

 
Opere di Sandro Breschi, Marco Bucchieri, Manuela Caldi, Paolo Capponcelli, Walter Cascio, Marco Cavani, Alessandra Cazzoli, Pippo Ciorra, Piero Dall’Occa, Antonio Gentili, Monica Manfrini, Cesare Mari, Marina, Mentoni, Romano Miti, Silvia Morselli, Piero Orlandi, Daniele Paioli, Roberto Peluso, Giulio Pesci, Stefano Piazzi, Mario Piccinini, Piergiorgio Rocchi, Mili Romano, Andrea Zanelli, Michele Zanelli.

Manuela Caldi si laurea in architettura a Firenze e svolge l’attività professionale in collaborazione con il marito Antonio Gentili nello studio a Montecalvo di Pianoro, coltivando parallelamente con grande passione la pittura.
La sua vasta raccolta di acquarelli è stata oggetto nel 2006 della personale “Appunti in viaggio” allo Spazio Officina di Castel San Pietro e nel 2010 della personale “Acquarelli” alle Torri dell’Acqua di Budrio.
Le sue tele realizzate con terre naturali e pigmenti sono state esposte nelle seguenti personali:
2009 “TERRA” allo Spazio Officina di Castel San Pietro.
2010 “Isolamente” presso Edeos Cultura a Bologna.
2014 “FERRO e TERRA” nella sede dell’Ordine degli Architetti di Bologna in occasione di ART CITY, durante la White Night di Artefiera, il 25 gennaio 2014.
2014 “Archipitture in Concerto” (sezione Frammenti) presso Fondazione Lercaro a Bologna – mostra collettiva con Paolo Capponcelli, Piero Orlandi e Daniele Paioli.
2016 “Dialoghi in musica” a Casa Visconti e Reverso Forniture a Bologna, mostra collettiva con Paolo Capponcelli, Piero Orlandi e Daniele Paioli, musica del Trio Calari Cassanelli Sabatini.
2016 esposizione di un tappeto tratto dalla sua opera su tela “Venezia” del 2010, allo spazio Gavina di Carlo Scarpa, in via Altabella a Bologna.
Vive sulle colline di Bologna dove dipinge nell’atelier ricavato all’interno della sua casa.

A cura di Monica Manfrini

 

“Gli incontri avvengono sempre nei momenti in cui la mente è molto libera o molto affollata: nel primo caso donano alla nostra anima qualcosa di nuovo, nel secondo liberano la nostra vita da qualcosa di sbagliato” (Osho).

 

Le parole del filosofo indiano trascritte nell’esergo riproducono con immediatezza e concisione le sensazioni che ci vengono dalle opere di Manuela Caldi. Attenta osservatrice della natura, ma anche del paesaggio costruito dall’uomo, da anni l’artista trae linfa vitale da queste esplorazioni del visibile. L’acqua e la terra, le luci e i colori sono elementi da usare sulle tele. Tele che a loro volta diventano testimonianza e tracce della riflessione/esplorazione del mondo reale effettuata dall’artista. L’esperienza alchemica del lavoro è il valore profondo dell’opera di Manuela Caldi. Mescolare, plasmare, graffiare, incidere sono i passaggi necessari per spostarsi dal visivo al tattile. Le superfici sono la dimensione preferita, ma non solo come manifestazione tangibile della materialità delle cose. Lo spostamento dal visivo al tattile ci consente di fare un’esperienza in un mondo culturale diverso. L’artista ci fa entrare in contatto, contatto reale e profondo, con i muri dell’architettura. La formazione artistica di Manuela Caldi, architetto da molti decenni, ha impregnato il suo linguaggio poetico. La sua è un’architettura dove i muri non creano strutture stabili, ma luoghi di metamorfosi dove lo spazio ha finalità espressive. Ci vengono in mente le esperienze sulla superficie di Piero Manzoni e le ricerche spaziali di Lucio Fontana o le indagini sulla terra di Leoncillo, poi sfociate nell’Informale.
Nel lavoro di Manuela Caldi si respira la presenza di queste due anime, quella della spazialità architettonica e quella della sperimentazione visiva. L’incontro di questi due mondi, solo apparentemente distanti, ha qualcosa di magico che spinge a toccare fisicamente le sue opere, trasferendo in chi guarda una parte della vis creativa che le ha generate.

Alcune delle sollecitazioni più importanti per la sua pittura, ricercate di anno in anno, quasi come una necessità fisica, sono venute dall’isola d’Elba, un luogo eletto dall’artista sede ideale delle sue creazioni. Cuprite, azzurrite, crisocolla, ematite e berillo, aragonite, eritrite, fluorite, granato, petalite, quarzo prasio, pollucite e ilvaite sono solo una piccola parte dei minerali che si trovano nel ricco territorio elbano. Ognuno con una sua spiccata qualità cromatica, ognuno ripreso, imitato, adattato sulle tele a creare campiture, spazi e contrasti. Minerali recuperati in ogni viaggio e in ogni escursione con cura e attenzione, a volte maniacale, tanta è la forza attrattiva di quei luoghi per Manuela. La necessità di avere proprio quel colore, quella terra, quella polvere sminuzzata per ricreare i luoghi amati e soprattutto lo spirito di quei luoghi, ha portato l’artista a rubare sassi preziosi per le realizzazioni in studio delle tele. E sono questi sassi riconvertiti ad altra vita che hanno convinto l’artista a ripercorrere anche altri luoghi e proporre temi legati al mondo dell’inconscio e dell’indagine profonda del sè. Ci riferiamo al percorso iniziato nel 2009 con Terra e giunto con passaggi di sintesi estrema alle tele di vorrei essere isola del 2017.